Allenamenti che precedono il record di MENNEA…

29 agosto 1979, arrivo a Città del Messico. “Avevamo programmato con Vittori di fare la grande prestazione alle Universiadi, avevamo rinunciato alla Coppa del Mondo…
Gran parte della squadra azzurra fu colpita dal male di Montezuma, io no, era un primo sintomo che il momento era buono. Un altro segnale mi veniva da Vittori. Negli allenamenti ogni volta che andavo più forte mi faceva rallentare. Appena leggeva 8”1 sugli 80 mi diceva: devi andare più piano!; quasi si preoccupasse di non rovinare qualcosa d’importante che stava maturando.”
Il dito di Mennea sfoglia l’agenda: “lunedì 27, allenamento alle ore 16:00. Riscaldamento di 40 minuti con esercizi di allungamento, articolarità e di corsa; resistenza alla velocità: 5×80 con recupero di 3 minuti (8”62 – 8”19 – 8”10 – 8”11 – 8”61); 2×100 con recupero di 9 minuti (10”60 – 10”28); 2×150 con recupero di 6 minuti (15”25 – 15”38). Andavo forte, guarda” e l’indice si ferma su di un 14”98 del 29 agosto.
“Lunedì 3 settembre la mia prima gara sui 200 metri: 19”8. Il cronometraggio elettrico si era rotto”; l’esordio alle Universiadi arrivò lunedì 10 con un 19”96 in batteria.
12 settembre 1979 ore 15:15. Il giorno della finale. “Avevo la corsia quattro. La partenza è stata buonissima. Ero talmente leggero e veloce che facevo fatica a stare nella corsia. All’uscita della curva sono andato a finire sulla parte esterna. Gli altri non li vedevo. Era come se non ci fossero. Era una lotta tra me e il tempo. Non ho pensato a correre bene, ma solo a spingere. Una gara di puro agonismo. I secondi 100 sono stati spaventosi.
Dopo aver tagliato il traguardo non mi sono girato. Non volevo guardare il tabellone elettronico. Volevo sentire prima la reazione del pubblico. Sono rimasto piegato, ansimante. Quando ho sentito l’urlo mi sono girato e ho letto 19”72.
Non ci credevo.
Poi ho visto Nebiolo che mi correva incontro…”.
Sulla scrivania del suo ufficio l’agenda degli allenamenti. Sulla prima pagina un piccolo graffito “The will to suffer” la volontà di soffrire, ma che oggi si legge: la voglia di correre.
– l’intervista a Mennea è stata tratta da un articolo di C. Gregari “La Gazzetta del Mezzogiorno” 1997 )