Fin dalla sua invenzione, avvenuta nel 1895 da parte dei fratelli Lumiere, il cinema è sempre stato uno dei passatempi preferiti dall’uomo. Ancora oggi, le sale cinematografiche si riempiono delle personalità più disparate che non desiderano altro che passare una buona serata in compagnia di un film, magari sgranocchiando popcorn e sorseggiando una bibita.
La genialità del cinema sta nella sua capacità di raccontare storie senza doverle necessariamente legare alla parola scritta.
I film hanno un impatto emotivo maggiore dei libri, attirano di più le persone (molti hanno una discreta cultura cinematografica senza magari aver mai aperto un libro) e soprattutto riescono a concludere le storie risultando un passatempo meno impegnativo (un film in media dura 2 ore, lasso di tempo decisamente inferiore a quello che si impiega a leggere e capire un libro di, ad esempio, 200 pagine.)
I film hanno però un difetto evidente: lo spettatore non ha il controllo diretto dell’azione, proprio come il lettore non ha il controllo di quello che succede nel libro.
Per moltissimi anni questo non era un difetto ma una naturale conseguenza della cinematografia.
Poi però vennero inventati i videogame.
All’inizio questi giochi elettronici erano fini a se stessi. Il loro scopo era solo quello di divertire il giocatore.
Avevi il controllo di una faccina gialla, dovevi mangiare le palline ed evitare i fantasmi. Fine. Un semplice passatempo scriptato come la battaglia navale od il Tris.
Ben presto, però, le case che sviluppavano i videogiochi si resero conto che i gusti della gente erano cambiati e si desiderava di più. I videogame smisero così di essere solo un passatempo e incominciarono ad avere un inizio e una fine ben precisi. Così come Mario doveva raggiungere il castello e salvare la principessa, anche il soldato di Contra doveva eliminare il boss nemico e riportare la pace. Insomma, si delineavano i primi archi narrativi.
Ma c’era ancora un problema. Per quanto fossero ormai dotati di una storia e si fossero slegati dall’essere un normale passatempo, erano ancora fortemente alienati dal mondo reale.
Infatti, per quanto fossero divertenti le sue avventure, nessun giocatore serio si sarebbe mai immedesimato in un idraulico vestito di rosso che uccideva le tartarughe.
I videogame riuscirono a superare anche questo scoglio e ben presto le storie furono coinvolgenti e con grande immedesimazione nei personaggi, in alcuni casi addirittura troppa (si è ormai perso il conto di quante violenze sono state attribuite ad un uso smodato di GTA).
Pure la grafica, in quel periodo, ebbe un drastico miglioramento, non potendo però ancora competere con la qualità di dettagli che si vedevano ogni sera nelle pellicole hollywoodiane.
Arrivati a questo punto dell’articolo, occorre precisare alcune date.
Siamo entrati negli anni 90, anni molto importanti per il mondo dei videogiochi ma anche per la musica e la società.
Ovviamente in questo articolo mi occuperò solo dei videogame, lasciando alla storia il compito di narrare il resto.
In quel periodo si è ormai definitivamente abbandonato l’8 bit e si è entrati a pieno titolo nell’era a 16 bit.
Nello stesso decennio si entrerà nell’era a 64 bit con il rilascio, nel 1996, del celeberrimo Nintendo 64.
Questo fa capire come il progresso tecnologico sia stato estremamente rapido in quegli anni e lo è tuttora.
Ma lasciamo stare la storia delle console (alla quale potrei dedicarmi in seguito) e torniamo alla lotta videogame-film.
Analizzando i giochi più venduti per le console del periodo, si nota ancora una forte predominanza per titoli coinvolgenti e dotati di una storia più o meno ricca ma con poca immedesimazione e capacità di stupire, ancora lontani dagli standard cinematografici.
Simon The Sorcerer II è il titolo più venduto per l’Amiga CD32, un gioco con grafica molto pixellosa in cui si interpretava un giovane mago.
Virtua Fighter 2 è stato un vendutissimo picchiaduro per il Sega Saturn. La modalità storia era ovviamente molto limitata.
Il Nintendo 64 faceva gli affari con Super Mario 64 ed una serie incredibile di giochi con il numero 64 nel titolo.
La Play Station, invece, segnò un epoca. Su questa console e le sue discendenti incominciammo ad avere standard qualitativi e grafici tali da poter paragonare i giochi ai film.
Ovviamente in quegli anni ci fu anche lo sviluppo del PC come macchina da gioco ma ne parleremo più avanti.
Una menzione particolare va al gioco più venduto del periodo sulla console Atari Jaguar: un certo Alien VS Predator.
Esatto, un titolo che probabilmente vi ricorderà un film famosissimo del 2004, crossover tra le due saghe omonime.
Il gioco, però, uscì molto prima. Nonostante il film non fosse direttamente ispirato al videogame ma da una storia originale, da cui era stato anche tratto il videogioco, è un buon esempio di interazione tra cinema e console.
Non siamo in grado di dire esattamente quando i videogiochi abbiano potuto competere coi film ma un caso, in particolare, è più interessante.
Nel 2005 uscì quello che a prima vista sembrava un gioco normalissimo: Fahrenheit.
Questo gioco venne rilasciato per tutte le principali console dell’epoca ossia il PC, la Playstation 2 e l’XBOX.
Lo studio che lo sviluppò è un nome che ai tempi diceva ben poco a chi comprò il titolo ma che oggi è un sinonimo di qualità: Quantic Dream, compagnia frutto della visionaria mente di David Cage.
Cosa contraddistingueva Fahrenheit da tutti gli altri giochi sul mercato?
Semplice, fu il primo film interattivo della storia.
La storia era semplice e coinvolgente: un uomo, Lucas Kane, si sveglia da una trance e scopre di aver appena ucciso un uomo.
Due detective si metteranno sulle sue tracce.
La genialità e l’innovazione portata da questo gioco stanno in pochi fattori: il giocatore ha il controllo completo dei tre personaggi e nelle varie missioni passa da uno all’altro seguendo la storia e cercando di scoprire la verità su quanto accaduto.
Inoltre vi è una totale interazione con l’ambiente circostante: come un avventura grafica si possono raccogliere ed usare diversi oggetti nello scenario ma non vi è un inventario e non vi sono enigmi da risolvere.
I filmati sono molto spesso interattivi con i cosiddetti QTE (eventi in cui bisogna premere dei tasti quando compaiono a schermo, per far proseguire delle azioni, di solito durante delle risse) e si possono scegliere diverse opzioni di dialogo.
Quantic Dream scelse infatti proprio il nome di film interattivo per definire questo gioco.
Non ho la minima idea di quanti anni avevate voi nel 2005 ma sono sicuro che quanto detto finora vi suona familiare, anche se magari non avete mai preso in mano Fahrenheit.
No, non siete sensitivi. La questione è molto più semplice.
Gli studi Quantic Dream non rimasero con le mani in mano dopo l’avvento della generazione successiva di console. Nel 2010, infatti, uscì quello che secondo me e secondo diversi esperti nel settore è forse il miglior gioco mai realizzato per PS3.
Sì, sto parlando proprio del capolavoro Heavy Rain.
Anche Heavy Rain è un film interattivo.
La trama narra di quattro personaggi, molto variegati tra di loro (un padre di famiglia sfortunato, un detective dell’FBI, un investigatore privato ed una sexy giornalista) che intrecciano le loro vicende indagando su un killer seriale chiamato Assassino degli Origami che rapisce bambini per poi annegarli nei tombini sotto la pioggia.
In questo gioco i personaggi controllabili sono addirittura 4, sono presenti i QTE, le scelte di dialogo ed è sconcertante il realismo della grafica e la totale interazione con l’ambiente di gioco.
Nel primo livello, dove controlliamo Ethan, il padre di famiglia, possiamo con semplici movimenti del controller aprire l’armadio, lavarci i denti, vestirci, far la doccia, apparecchiare la tavola e disegnare una pianta di una casa.
Insomma, il confine tra film e videogiochi è ormai totalmente violato.
Tanto per curiosità, lo studio Quantic Dream è al lavoro su un nuovo titolo che uscirà a fine 2013 e che si intitolerà Beyond:Two Souls.
Non sarà del tutto uguale ai titoli precedenti ma prometterà comunque una buona dose di coinvolgimento giocatore-gioco.
Per concludere posso dire del fenomeno contrario: i film ispirati ai videogiochi sono pochi e la maggior parte decisamente deludenti.
I film di Super Mario, per esempio, o il film di Tekken non hanno convinto del tutto gli aficionados delle saghe.
Insomma, la storia è proseguita e continueremo sia a sederci in poltrona a giocare sia a vedere un film.
Molto spesso, però, le due cose potrebbero coincidere.