Amarcord, pillole motociclistiche – Cagiva 125 Freccia C9

Era molto che mi arrovelavo sul modello da cui partire per parlare in particolare della categoria che maggiormente ha segnato la mia passione, le vecchie 125 dei miei 16 anni ed alla fine ho optato per questo modello in particolare;

Cagiva 125 Freccia 88

La Cagiva Freccia C9 del 1987!

La moto venne riconosciuta come il 125 che diede il via ufficialmente alla ricerca delle prestazioni massime, non che prima non si ricercassero le prestazione per i modelli sportivi ma la C9 fu la prima 125 ad abbattere il muro dei 150Km/h effettivi facendo chiedere agli addetti quale sarebbe mai potuto essere il muro invalicabile dai modelli di serie di quella cilindrata, con questa considerazione penso che si potrebbe definire la C9 come la capostipite dei super125.

La moto aveva introdotto la carenatura sigillata nel segmento e soluzioni “da grande” visto che il progetto era stato sviluppato in modo articolato per coprire diverse cilindrate, infatti quasi in contemporanea vennero presentate altre due moto sorelle, la Moto Morini Dart 350/400/501 ( le cilindrate 400 e 501 sono molto più rare da trovare rispetto alla 350 )

Moto Morini 350 Dark 88  1

 

Mentre la gamma veniva completata dalla sorella maggiore Ducati Paso 750 ( qui la versione 1988 )

Ducati Paso 750 full right view

La Freccia divenne velocemente un sogno per i sedicenni che la desideravano grazie alla sua linea avveneristica e moderna ma sopratutto per le grandissime prestazioni di cui era capace.

A mia memoria la Freccia segna uno stacco deciso con il precedente concetto dei 125 che prima di allora al massimo montavano una semicarena e pur dichiarando sportività di fatto erano moto che seppur prestazionali erano concepite più come veicoli utilitaristici che dovevano durare e quindi non venivano progettati per prestazioni estreme, la Freccia cambiò tutto questo introducendo il concetto di massima prestazione come elemento primario di scelta anche a discapito dell’affidabilità.

Da lì a pochi mesi quasi tutte le case con rare eccezioni decisero di percorrere la stessa via per i loro modelli stradali/enduro più sportivi, mettere in vendita moto tuttofare e solide non bastava più, i sedicenni volevano sempre di più e le case da quel momento in poi glielo avrebbero dato senza remore.

Di fatto con la C9 si diede il via ad una corsa alle prestazioni che in alcuni casi potevano oscurare i modelli più utilitaristi di maggior cubatura, i super 125 erano arrivati e se ne sarebbero andati dopo una decina di anni a causa di una legge ingiusta, forse ma di certo piena di buonsenso.

Con questo vi rimando alla prossima pillola.

Amarcord, pillole motociclistiche – Aprilia Motò 6.5

Ecco un’altra pillola su un mezzo alquanto insolito, ovvero l’Aprilia Motò 6.5. Alla sua presentazione fece scalpore in quanto era, uno dei rari esemplari di moto costruita con l’aiuto di un designer esterno al mondo del motociclismo, Philippe Stark. La moto non riscosse un grande successo e Stark non collaborò più con l’Aprilia. Secondo il mio punto di vista la moto esteticamente faceva pena e venne praticamente snobbata. A memoria io ricordavo che ne furono costruite meno di 5000 esemplari, ma una ricerca veloce in internet mi ha rivelato che in realtà la produzione non superò le 4000 unità.

Nelle intenzioni della casa di Noale, la Motò avrebbe dovuto aprire la strada ad un nuovo modo di concepire le moto, abbinando una meccanica ed una ciclistica di prim’ordine ad un design innovativo e curato da esperti esterni al settore. C’è chi dice che il progetto è un successo e chi invece pensa che questa idea è completamente un fallimento. Personalmente lo considero un totale disastro, perché pur essendo un mezzo tecnicamente validissimo e con ottime doti, il design ne penalizzò le vendite e la maggior parte degli appassionati di moto espresse un giudizio terribile riassumibile con una parola sola: Orripilante!

Ora però la parte che può esser considerata un successo. Oggi la Motò risulta essere una moto ricercata da collezionisti ed appasionati di un certo tipo e come se non bastasse viene considerata un’opera d’arte moderna centrando in parte l’obiettivo con cui era stata concepita, peccato che ciò che di solito viene considerata arte non ottiene il successo del mercato e se per le opere quali statue e quadri non risulta esser un problema, per un veicolo da considerare “popolare” diviene un vero e proprio handicap.

Di certo la Motò è un veicolo che non passa inosservato e pur fallendo nelle vendite ha ottenuto un grande risultato rimanendo nella memoria, bene o male, degli appassionati. Nonostante siano passati anni dalla cessazione della produzione, la Motò è riuscita a conquistarsi una fetta di mercato non indifferente, essendo diventata per molti un oggetto del desiderio. Oserei dire che il veicolo ha ottenuto un successo “postumo” proprio grazie alle sue caratteristiche di progettazione e con questo chiudo questa pillola rimandandovi alla prossima.

Amarcord, pillole motociclistiche – Il tramonto dei 125

-Quanto fa il tuo 125?-

-Da depotenziata arrivava a 140 ma dopo che la ho ripo arriva a 160/170! Una forza!-

Inizio insolito ma l’argomento questa volta non è una moto, bensì una spiegazione del come sono oggi una determinata categoria di moto ed intendo dire proprio i 125 come vi avevo accennato in questo articoloOggi la legge parla chiaro, i 125 non possono avere più di 15Cv (11Kw) per poter esser guidati dai sedicenni e possono esser riportati a piena potenza ma in questo caso possono esser guidati dai diciottenni.

Ebbene io sorrido quando sento questi commenti al ricordo dei 125 di 20 anni fa, quando la parola d’ordine era “prestazione” e le case investivano in ciò la maggior parte delle risorse ogni volta che si progettava un nuovo modello. Io personalmente ho catalogato i 125 in tre categorie ben precise: La prima le depotenziate, la seconde le full power come le chiamano oggi i sedicenni e per ultima la terza che io chiamo free power, ignoro se anche altri usano lo stesso metodo e quindi provvedo a spiegare la mia suddivisione.

Le prime due categorie sono quelle previste dalla legge vigente e sono spiegate nelle righe superiori mentre quella che io chiamo free power identifica i 125 costruiti prima dell’entrata in vigore della legge nel 1996 e quindi erano progettati per esser altamente prestazionali al punto che in un articolo dell’epoca, Nico Cereghini, avvisò i ragazzi di stare attenti perché le vere maxi moto erano i 125 dato che la loro potenza moltiplicata per 8 (come riferimento usava le 1000) dava valori mostruosi che nemmeno le maxi di oggi riescono a raggiungere visto che si parlava di circa 240Cv/l.

In quegli anni un 125 “polmone” aveva circa 28Cv alla ruota mentre il modello top di Cv ne aveva 31,5 e le velocità dei modelli stradali sportivi partivano dai 155Km/h del polmone fino ad arrivare ai 179,3 del top di categoria. Purtroppo la motivazione che portò il governo a varare una simile legge fu a causa della mia generazione, in quegli anni le morti sulle strade erano molto più numerose di oggi ed oltre la metà dei motociclisti morti risultavano essere ragazzi tra i 16 e i 18 anni, in sella a quei potentissimi missili a 2 ruote che a causa della loro inesperienza li portava ad esagerare con conseguenze di vario tipo e non ultima il decesso.

La legge affossò il mercato dei 125 e case prima in perfetta salute e con un “parco” clienti molto solido si ritrovarono sull’orlo del baratro che spesso portava al fallimento. I sedicenni iniziarono a snobbare il mercato visto che i 125 depo andavano come i 50 elaborati e preferivano aspettare la maggiore età per puntare a mezzi più prestanti. In definitiva la nostra generazione ha causato il declino di un ramo del motociclismo che solo ora pare sulla via della ripresa, non lo abbiamo certo fatto di proposito visto che sono state centinaia di morti annue a portare a quella scelta il governo di allora, ma non posso non sorridere vedendo i ragazzi di oggi che si esaltano per prestazioni che 20 anni fa erano considerate misere.

A nome della mia generazione vi porgo le mie scuse per quanto accaduto. Con questa pillola spero di aver chiarito perché oggi i sedicenni si ritrovano a guidare mezzi con basse prestazioni.

Amarcord, pillole motociclistiche – Gilera R1

Salve a tutti, la maggior parte di voi al sentir parlare della R1 pensa immediatamente alla Yamaha. Ma prima della mille giapponese vi era un’altra moto che veniva chiamata così, la Gilera R1. Come potete vedere, questo gioiellino era un enduro in stile Dakar con sospensioni altissime e peso relativamente contenuto per le dimensioni del mezzo. Nella foto potete vedere la versione migliore della moto dato che ne esisteva un’altra versione dall’estetica decisamente più aggressiva con alcuni dettagli tecnici più adatti ad un uso sportivo della moto, in altre parole la Gilera R1s.

Gilera R1S

Dai ricordi passati, mi pare che le due versioni convissero per un po’ nel mercato, anche se in realtà di R1s in vita mia non ne ho mai viste, mentre la R1 era molto più diffusa anche nella mia zona. Ora una piccola doccia fredda per chi pensasse “che mezzi”, entrambe erano moto da 125cc e queste sono le note dolenti, se avete 16 anni queste non le potete guidare perché hanno quasi il doppio dei Cv consentiti dalla legge per i neopatentati mentre se avete già 18 anni potreste trovare le prestazioni scarse dato che potreste avere accesso a mezzi decisamente più potenti anche se forse sarebbero meno divertenti.

Le moto avevano circa 27Cv ed erano equipaggiate con motori a 2 tempi messi a punto per prestazioni elevate, ed all’epoca lo erano parecchio. Mi risulta difficile far capire con le parole, la potenza del motore a 2 tempi ma posso garantirvi che l’emozione che sprigionava era davvero unica. In particolare le Gilera da enduro erano “le bestie nere” della loro categoria e grazie alle bramosie dei sedicenni di allora, ogni modello di 125 era in continua evoluzione ma lasciando le Gilera le uniche bellezze che avevano quel qualcosa in più grazie anche all’impegno della casa nella Parigi-Dakar.

Oggi risulterebbe impensabile ma allora la ricerca delle prestazioni era al primo posto per ogni casa produttrice e le 125 anno dopo anno diventavano sempre più potenti e performanti e a questo riguardo dedicherò un piccolo articolo in futuro per illustrare la situazione di allora che alla fine portò alla legge sui 125 depotenziati.

Anche questa volta ho finito e vi rimando al prossimo articolo. Continuate a seguire LabInformer

Amarcord, pillole motociclistiche – Honda africa Twin

Rieccoci nuovamente qui… questa volta parlo di un vero e proprio  must della sua epoca, la Honda Africa Twin!

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Nella foto la prima versione di 650cc del 1988.

La moto era immensa ed imponente come si addiceva alle moto concepite per affrontare la vera Parigi-Dakar, una gara che metteva a dura prova uomini e mezzi e le loro capacità in pratica in ogni frangete.

Non vi tedierò con i dettagli tecnici visto che sono facilmente reperibili in rete ma vi parlerò del fatto che per alcuni anni lei e le sue rivali dominavano il mercato incontrastate e che il design che le caratterizzava ancora oggi riesce a stregare molti.

La moto pesava molto, aveva la sella ad un’altezza ( per i miei canoni da “tappo”) vertiginosa e anche le persone nella media sembravano piccole una volta in sella, nemmeno le altre Dakariane davano l’effetto ottico della Africa Twin, i suoi possessori anche se marcantoni sembravano nani una volta in sella!

Oserei dire che la moto era esagerata nella prima versione da 650 per poi ridimensionarsi nelle successive ma non nelle prestazioni, la moto sin dal suo debutto trasmetteva emozioni al solo vederla ed ha mantenuto il fascino inalterato per i primi anni ma poi è successo qualcosa.

La moto non è cambiata tantissimo eppure le ultime versioni hanno perso di fascino rispetto ai primi modelli, forse dovuto al fatto di aver subito l’influenza del design da altre moto come la colorazione tigrata che andava di moda sulle stradali e alcuni dettagli che sembravano presi da altre moto, uno su tutti il cupolino che pareva scopiazzato ( con le opportune modifiche ) dalla CBR 900 Fireblade.

Dopo tanti anni le prima versioni hanno un grandissimo impatto visivo e trasmettono sensazioni contrastanti di timore reverenziale ed esaltazione per quel che promettono da ferme.

Hanno versato fiumi di inchiostro e parole su questa moto ma io preferisco che la vediate e se potete provatela, le mie misure hanno sempre posto la Africa Twin oltre le mie possibilità di guida ma da passeggero portato posso dirvi solo una cosa…un giro fatto da ragazzino ancora oggi mi fa battere il cuore…e se lo dice un Ducatista di vecchia data forse vale la pena cercare di scoprire di più su di lei e magari cercarla dal vero.

Con queste poche righe spero di avervi messo un pò di curiosità e spero che la cerchiate e magari possiate provare ciò che mi fece provare tanti anni fa a me…ed ero solo un passeggero!

Con questo vi saluto e vi rimando alla prossima pillola.

Amarcord, pillole motociclistiche – Gilera Nordwest 350/600

Questa volta non si parla di un confronto fra ieri ed oggi ma di una moto che era un vero gioiello e che all’epoca non fu capita;  in questo articolo spenderò poche righe per la Gilera Nordwest nelle due cilindrate 350 e 600.

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La Nordwest era nata in un epoca in cui le stradali erano il top e i modelli replica Dakar facevano furore, in questo contesto la moto nasceva svantaggiata dato che non era né una stradale, né una dakariana.

A dire il vero la Nordwest si potrebbe definire la prima Supermotard vera anche se con un vestito molto soft, proprio per questo la moto rimase incompresa perché non si poteva collocare in un segmento ben preciso, l’impostazione tipicamente enduro unita a ruote e sospensioni espressamente stradali crearono non poca confusione su come definire la moto ed all’epoca si optò per un termine piuttosto battagliero ovvero “Bruciasemafori” usato già per alcune moto Yamaha;  la TDR 125/250 e la V-Max 1200.

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Qualcuno che si ricorda la TDR potrebbe obiettare che quella moto potrebbe essere la prima supermotard ma non è così, ad essa manca una componente importante per esser definita tale e cioé le ruote e le sospensioni da moto stradali cosa che la Gilera aveva dato alla sua creatura.

Tecnicamente la Nordwest non aveva nulla da invidiare a nessuno, la versione 600 mutuava il motore ultracollaudato della RC 600 che aveva vinto la Dakar nella categoria silhouette che prevedeva solo modifiche minime per poter affrontare il deserto, le prestazioni erano al vertice e stupì perché altre moto di cubatura superiore faticavano a tenere il suo passo.

La Gilera per completare l’opera diede alla moto cerchi e pneumatici tipicamente stradali che le conferivano su strada una guidabilità fino ad allora sconosciuta per le moto di quella impostazione, il progetto come era tipico di quegli anni venne sviluppato per coprire più segmenti e vennero messe sul mercato le 600 e 350 battezzate per l’appunto Nordwest, la versione 125 venne chiamata Freestyle e la 50 Apache.

Come ho scritto in apertura la moto uscita nel 91 non venne compresa e questo non le diede il successo che in Gilera speravano anche se la moto rimase in produzione fino alla chiusura degli stabilimenti di Arcore, nonostante ciò il mezzo grazie alle sue prestazioni ed alla linee all’avanguardia per l’epoca oggi è molto ricercata e rimane una moto validissima e molto gustosa.

La vera difficoltà rimane trovarne un esemplare non modificato ed in buone condizioni, tuttavia cercarne una potrebbe valerne la pena e l’estetica risulta molto gradevole anche a distanza di anni.

Certo la signora mostra di avere una certa età ma non dimostra certo tutti i suoi anni anche se non é certo snella come le motard moderne direi che fa la sua bella figura, quindi a distanza di anni la moto rimane attuale e molto piacevole da vedere.

Con queste righe vi saluto rimandandovi alla prossima pillola.

Amarcord, pillole motociclistiche – Suzuki GSX-r 750 ’92/GSX-r 750 ’11

Dopo Honda, Yamaha e Kawasaki poteva forse mancare la Suzuki?

Ovviamente no e qui abbiamo un raro esempio di continuità fedele a se stessa negli anni, unica casa giapponese che ha mantenuto lo stesso modello in listino fin dal lontano ’85 anno di debutto della moto in questione.

La GSX-r (per molti divenuta Gixxer) ha subito una costante evoluzione fin dalla sua nascita ma a mio parere a livello estetico la versione meglio riuscita rimane quella del ’94

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I colori della foto sono quelli “storici” che identificano la moto come una Suzuki; la linea pur essendo massiccia é essenziale e come tutte le stradali, aggressiva.

All’epoca la Gixxer era tra le  più amate delle Jap sia per la linea che per le prestazioni, inoltre scendeva in pista a battagliare con le altre marche nel mondiale SuperBike e ciò le dava un certo prestigio anche se i risultati non erano certo entusiasmanti ma questa è tutta un altra questione.

Le linee risultano pulite, armoniose e per nulla pesanti nonostante la moto sia “massiccia”, i piccoli dettagli quali il plexiglass sui fari e le plastiche a copertura parziale del telaio e colorazioni azzeccate ne fanno ancora oggi una moto ben bilanciata e carismatica.

Ora veniamo al modello ’11

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Come potete notare le linee sono morbide ed arrotondate ben raccordate tra loro, purtroppo il faro anteriore risulta brutto il quale sporge dal cupolino, non nego che aerodinamicamente potrebbe essere ottimo ma esteticamente é un pugno in un occhio.

La stessa rotondità delle linee la rende anonima e nemmeno il contrasto col filante codino riesce a salvarla, la moto segue troppo la moda del momento e la personalità ne risente.

Nel corso della sua evoluzione la GSX-r ha subito modifiche tecniche ed estetiche a volte leggere altre pesanti ma cercando di mantenere il family-style che avrebbe dovuto contraddistinguere dalle altre, purtroppo a mio parere il tentativo è fallito dato che sono anni che non riconosco le linee delle progenitrici nelle dirette discendenti.

La moto mantiene una certa bellezza e piace grazie a linee moderne e colorazioni efficaci ma per quanto riguarda la personalità…mi spiace dirlo ma il nuovo modello non tiene il passo…

Un’ultima nota merita a mio parere la versione del ventesimo anniversario

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Pur non eccellendo nella linea, il giusto mix di colori e parti speciali dedicate ne fanno una perla preziosa e a mio avviso da ricercare; la moto usa i colori originali del 1985 e aveva dettagli quali il plexiglass sul cupolino di colore blu e catena di trasmissione anodizzata in blu, oltretutto aveva uno scarico Yoshimura racing omologato per uso stradale.

La moto in versione anniversario merita ampiamente in quanto proprio la ricercatezza dei dettagli la salva da una linea modaiola e non troppo personale.

In conclusione la vecchia Gixxer tiene ancora banco con un carisma datole dal tempo e da scelte personali che la rendono ancora appetibile a distanza di molti anni.

Infine giusto per informazione vostra ecco a voi un immagine che ripercorre l’evoluzione del GSX-r dal 1985 al 2010

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Amarcord, pillole motociclistiche – ZXR750/ZX10r

In questa puntata parliamo di due moto di cilindrata sensibilmente differente ma ideologicamente una discendente dell’altra in quanto entrambe concepite appositamente per scendere nel campionato SBK.

Come da titolo parliamo di due moto di  casa Kawasaki, una casa praticamente emblema delle corse pur con una bacheca di vittorie nettamente inferiore alle sue sorelle giapponesi, prima le considerazioni sulla progenitrice la ZXR750;

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In questa foto la versione a mio parere meglio riuscita, la biposto del ’92, la moto era imponente e lunga con i caratteristici tubi delle prese d’aria che dal cupolino passando attraverso il serbatoio portavano l’aria al motore.

Il risultato era veramente bello che unito al cupolino basso e dal profilo aggressivo le conferiva una cattiveria statica ed un fascino che a distanza di anni è rimasto invariato, inoltre le varie livree accentuavano il carattere sportivo rendendola una moto spettacolare.

La linea filante la rendeva molto leggera alla vista, merito anche delle azzeccate livree che riuscivano a mascherare l’imponenza del mezzo ma una volta in sella la mole presentava il conto.

Nonostante questo difetto la moto si è guadagnata meritatamente un posto nel cuore degli appassionati grazie alla sua immagine cattiva e alle linee accattivanti.

Ora veniamo alla sua diretta discendente, la ZX10r;

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La linea già dal colpo d’occhio lascia perplessi con il classico sbilanciamento delle linee che oggi va tanto di moda, con la parte anteriore decisamente più massiccia della posteriore.

La linea in sé risulta armoniosa ma l’impatto estetico è veramente orripilante specie con quella presa d’aria proprio nel centro, la linea dice una sola cosa “pista” e specchietti, portatarga e lo scarico fanno chiaramente capire di esser lì per necessità differenti da quelle per cui la moto è stata progettata.

Ciò non fa altro che appesentire ulteriormente l’impatto visivo abbruttendo la moto e privandola di fascino, fortunatamente il mezzo è da titolo mondiale e questo per il mercato a cui è destinata è un fattore che conta molto, peccato però che nel suo caso sembra che i designer si siano sforzati di trovare la peggiore estetica possibile.

Probabilmente ciò è dovuto perché si è data la priorità alle prestazioni a scapito della bellezza e ciò  priva il mezzo del fascino necessario affinché venga ricordata con affetto…anche in questo caso la nonna in statica batte la nipote, un’occasione persa per i progettisti per creare un mezzo che venga apprezzato per motivi differenti dal titolo mondiale vinto nel 2013.

Un vero peccato…

Con questo vi saluto e vi rimando alla prossima pillola.